Nel 1981 inaugurai una mostra personale alla galleria ”Ars Italica”, in piazza Duomo in Milano, situata ove ora c’è il “Museo del 900”. Era una delle galleria tra le piu note a quell’epoca ed esponeva soprattutto opere figurative.
Fu per me un momento importante che dedicai a mia madre e a quel mondo agreste che, sposandosi, avevo appena lasciato.
Con l’occasione scrissi, arricchendolo di alcune fotografie di acquerelli significativi, il mio primo catalogo che intitolai:
“GRAZIE”
“Angelo,lunedi si festeggia?”, “Si festeggia?!”, ho…si che sbadato; lunedi è il 6 luglio e proprio trentatre anni fa nascevo, diventando subito il coccolo di famiglia, seguito e curato da due amabili genitori, ma anche da due fratelli e da una sorella.
Sono passati parecchi anni e quella “cascinetta” che mi ha accolto festoso allora è rimasta intatta nel tempo come se, con il suo mondo poetico fatto di cose semplici, volesse sfidare l’insaziabile progresso di oggi.
Ho vissuto in questo mondo agreste condividendo, fino a vent’anni, la passione per lo studio e per il lavoro dei campi.
Ormai diplomato, ho abbandonato la campagna per la fabbrica, riservando a quel mondo fatto di cielo, di sole e di aria profumata i ritagli serali e di fine settimana.
A trent’anni, quando incontrando “Anna” abbiamo deciso di farci una vita nostra, con la famiglia d’origine ho lasciato anche quei ritagli serali e di fine settimana, oltre a quella piccola cascinetta che, invocando pietà ai piedi di due enormi gasometri, sembrava voler faticosamente arginare la grande città.
Mi rendo conto che troppo spesso siamo spinti alla ricerca di qualche cosa che ci sfugge continuamente e perdiamo il gusto delle cose semplici soffocando, senza rendercene conto, quei valori che rendono la vita degna di essere vissuta pienamente.
Coinvolto in questa “enorme macchina” io stesso uno degli infiniti ingranaggi che la compongono, socchiudo gli occhi e per un attimo penso al mio passato e a quel mondo agreste ormai perduto.
Mi rivedo correre e saltare in mezzo ai prati, sognando come tutti i bambini castelli lontani e irraggiungibili, ignorando che il castello fatato già lo abitavo senza rendermene conto, cosi come ora, forse, non riesco a gustare pienamente l’attimo che fugge, preso dalla possibilità che il prossimo possa essere migliore.
Giocavo a nascondino e a mago libero, mi camuffavo da “ Piccolo indiano” agli ordini di “toro seduto”, con il quale attaccavo e sconfiggevo il nemico che quei due occhioni di bimbo innocente non potevano certo avere.
Ricordo quando la sera,ormai esausto, mi addormentavo sulla sedia aspettando che i miei famigliari terminassero di selezionare le fragole, o piangevo perché volevo essere portato sul carretto a due ruote il “Tumarell” che ora messo in pensione, riposa tranquillo vicino alla stalla, godendo della compagnia di una scala a pioli, anch’essa pressoché inutilizzata.
Bastava poco per far contenti noi piccini. Anche i grandi non avevano bisogno di tanto.
Alla domenica la partita di carte, “ Qualche bicchiere di vino” e il solito giretto in campagna nel tardo pomeriggio, per gustare con un pò di tranquillità le emozioni che la terra lavorata con le proprie mani immancabilmente fornisce.
Poi il primo giorno di scuola: incominciavano i “tempi duri”, ma eravamo tanto piccoli che subito dopo “Il disgelo”, appena le giornate si allungavano a primavera, ricominciamo a giocare con gli amici del cortile.
Mentre i famigliari aravano e coltivavano i campi, io, Gianfranco, Paolo, Cecilia, Maria Grazia, Alfredo festeggiavamo la nostra spensierata fanciullezza correndo tra i peschi fioriti che incorniciavano la cascina, ancora dominatrice incontrastata.
Arriva l’estate, con le vacanze scolastiche. Eravamo più grandicelli, al gioco anteponevamo l’interesse per la campagna della quale condividiamo, oltre che il lavoro, la piacevole sensazione del sole che riscalda e della pioggia che rinfresca.
Quando poi il cielo si copriva di grossi nuvoloni neri e l’orizzonte si fondeva in un tutt’uno con la natura, su cui si riversavano veri e propri torrenti d’acqua, in quel momento emergevano le prime paure, il timore che le fatiche fatte potessero improvvisamente risultare inutili. Era quello il momento in cui, con il pensiero rivolto a Dio, ci sentivamo accomunati dalla speranza che la tempesta non distruggesse ogni cosa.
Scampato il pericolo correvamo subito in campagna, ancora scombinata dal vento e dalla pioggia, ma integra: cominciavamo a pregustare, con il profumo della terra bagnata, la calda sensazione dell’imminente “Raccolto”.
Immaginavamo già lattughe e altre verdure riunite in cassette, nell’attesa che un giusto guadagno ripagasse le innumerevoli fatiche fatte.
Ed ecco l’autunno, con i suoi colori e le sue morbide nebbie, e poi l’inverno, con il suo freddo paesaggio.
Il gelo sembra invadere l’animo e un senso di malinconia si insinua piano piano.
Quel prato verde marcio, quelle piante spoglie e solitarie, quello strano cielo si impadroniscono lentamente dei miei pensieri, riconducendoli all’inevitabile confronto con l’inverno della vita.
“Che pensieri tristi”, dico a me stesso; “in fondo dipende da te. Se riuscirai a gustare la vita attimo per attimo, riscoprendo continuamente quei valori che, come tutti gli uomini, hai dentro di te allora la primavera sarà sempre nel tuo animo perché ti sentirai, oltre che te stesso, sempre libero dentro”
In questo dolce alternarsi di ricordi e di sensazioni, accanto al ricordo di papà Pietro e di Ildefonso, accanto alla gratitudine verso Franco e Mariangela, sara sempre incancellabile il tuo volto, mamma, segnato dalle fatiche e dai sacrifici.
Da quel mezzo sorriso accompagnato da una lacrima, traspare il tempo passato e con esso tutto un mondo ormai scomparso.
A te dunque, che con amore mi hai dato la possibilità di conoscere la vita in questo modo agreste, fatto di fatiche ma anche di valori incancellabili, il mio GRAZIE.
io nell’ASSOCIAZIONE ITALIANA ACQUERELLISTI
Quell’anno l’AIA organizzò una grande manifestazione a Monza con esposizione nella prestigiosa sala della “GALLERIA CIVICA”.
Fu in quell’occasione che conobbi il Prof.Bertazzini, allora Assessore alla Cultura, che ebbi l’onore di farmi presentare all’inaugurazione di una futura mia mostra personale tenuta presso la Galleria d’Arte dei F.lli Minardi in Milano.